Marco Pantani se n'è andato in una fredda mattina di quattro anni fa. E' stata la sua ultima fuga, questa volta da una vita che gli ha regalato vittorie e successi, ma anche tanto dolore e solitudine. Perché la storia di Pantani, o meglio "Il Pirata" come lo chiamavano tutti i suoi tifosi, ci ha insegnato che si può essere grandi campioni e comunque soli, e soprattutto fragili.
Di lui ci rimangano le tante fantastiche vittorie, a cominciare dalla prima come esordiente in quel lontano 22 aprile 1984 a Case Castagnola. A quella vittoria, tante ne sarebbero seguite, segnate dalla sua voglia di vincere, di correre oltre la forza di gravità, di realizzare imprese impossibili, scalare vette e lottare contro tutto e tutti, anche la sfortuna. Quella sfortuna che sembrava accanirsi contro di lui, con le tante cadute e gli infortuni, fino al terribile incidente del 1995, quando un'auto lo travolge durante la Milano-Torino provocandogli la frattura scomposta della tibia e del perone. Eppure, ogni volta, ci ha insegnato che ci si può rialzare e che se ci credi veramente nulla ti può fermare, ogni volta puoi tornare a correre più forte di prima. E' per questo che la gente lo amava. Pantani era capace di far sognare tutti i tifosi con le sue straordinarie imprese, l'Alpe d' Huez, Le Deux Alpes, le vittorie al Giro e al Tour.
Pagine indimenticabili, scritte nel grande libro della storia di quello sport bellissimo che è il ciclismo. La frase più bella su di lui l'ha probabilmente detta Adriano De Zan, una vita passata a raccontare il ciclismo e le sue piccoli e grandi storie, quando, con la voce rotta dall'emozione, esclamò: "Non c'è niente da fare, quando la strada sale sotto i pedali...Marco Pantani è il più forte!!!". Già perché in salita il pirata era imprendibile, un uomo in fuga da tutto e tutti. Sarà stato forse perché le salite sono un po' come la vita, devi soffrire e lottare per arrivare in cima, ma quando lui saliva sui pedali e scattava, nessuno riusciva a stargli dietro, nemmeno quel destino beffardo che una mattina, era il 5 giugno del 1999, segnerà per sempre la sua storia. Quella maledetta mattina di giugno a fermare Pantani sono i valori del suo sangue, il livello di ematocrito superera i limiti previsti dal regolamento, addio al Giro e quindici giorni di squalifica. Per Pantani è l'inizio della fine. Quello che scortato dai carabinieri si allontana a bordo di un'auto, non è più il pirata, il campione che tutti conoscevano e amavano.
Dopo tante salite per Pantani inizia una discesa senza fine, che lo condurrà, in un abisso di solitudine e disperazione, alla morte. La mattina del 14 febbraio 2004 il cadavere del corridore viene rinvenuto in una stanza del residence "Le Rose" di Rimini. Ciao campione, chissà se lassù, a tenerti compagnia, c'è la tua inseparabile bicicletta.
Pagine indimenticabili, scritte nel grande libro della storia di quello sport bellissimo che è il ciclismo. La frase più bella su di lui l'ha probabilmente detta Adriano De Zan, una vita passata a raccontare il ciclismo e le sue piccoli e grandi storie, quando, con la voce rotta dall'emozione, esclamò: "Non c'è niente da fare, quando la strada sale sotto i pedali...Marco Pantani è il più forte!!!". Già perché in salita il pirata era imprendibile, un uomo in fuga da tutto e tutti. Sarà stato forse perché le salite sono un po' come la vita, devi soffrire e lottare per arrivare in cima, ma quando lui saliva sui pedali e scattava, nessuno riusciva a stargli dietro, nemmeno quel destino beffardo che una mattina, era il 5 giugno del 1999, segnerà per sempre la sua storia. Quella maledetta mattina di giugno a fermare Pantani sono i valori del suo sangue, il livello di ematocrito superera i limiti previsti dal regolamento, addio al Giro e quindici giorni di squalifica. Per Pantani è l'inizio della fine. Quello che scortato dai carabinieri si allontana a bordo di un'auto, non è più il pirata, il campione che tutti conoscevano e amavano.
Dopo tante salite per Pantani inizia una discesa senza fine, che lo condurrà, in un abisso di solitudine e disperazione, alla morte. La mattina del 14 febbraio 2004 il cadavere del corridore viene rinvenuto in una stanza del residence "Le Rose" di Rimini. Ciao campione, chissà se lassù, a tenerti compagnia, c'è la tua inseparabile bicicletta.
Perchè quelli come noi
han bisogno di sognare..
Io dal passo del Pordoi
chiudo gli occhi e vedo il mare..